Henri Cartier-Bresson

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Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà.

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Henri Cartier-Bresson Chanteloup-en-Brie, 22 agosto 1908

è stato un fotogafo francese, è considerato un pioniere del foto-giornalismo, tanto da meritare l’appellativo di “occhio del secolo”. Teorico dell’istante decisivo in fotografia, ha anche contribuito a portare la fotografia di stampo surrealista (ispirata a Eugène Atget) ad un pubblico più ampio. Dopo gli studi giovanili, Henri fu presto attratto dalla pittura, grazie allo zio Louis, e comincerà i suoi studi con Jaques-Emile Blanche e André Lhote, che lo inizieranno all’ambiente dei surrealisti francesi, inizialmente disinteressato alla fotografia. Nel 1930, durante il suo primo viaggio in Costa d’Avorio, non è ancora interessato alla fotografia, anche se è già munito di una macchina fotografica. Solamente nel 1931, al ritorno da quel viaggio, scatta in lui l’interesse alla continua ricerca di immortalare la realtà. È lo stesso Cartier-Bresson che ci racconta come fu una fotografia di Martin Munkacsi a convincerlo che:

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Fu così che nel 1932 comprò la sua prima macchina fotografica, una Leica 35 mm con lente 50 mm che l’accompagnerà per molti anni.

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Nel 1931 lavora nel cinema come assistente del regista francese Jean Renoir e, nel 1937, firma personalmente il film Return to life. E negli anni successivi si reca in Asia.

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Intanto, nel 1934, conosce David Szymin, un fotografo e intellettuale polacco, che più tardi cambierà nome in David Seymour (1911–1956). Diventano subito ottimi amici, hanno molto in comune culturalmente. Sarà Szymin a presentare al giovane Bresson un fotografo ungherese, Endré Friedmann, che verrà poi ricordato col nome di Robert Capa.

Durante la Seconda guerra mondiale, Cartier-Bresson entra nella resistenza francese, continuando a svolgere costantemente la sua attività fotografica. Catturato dalle truppe naziste nel 1940, riesce a fuggire dal carcere al terzo tentativo. Al suo rientro si unirà a un’organizzazione di assistenza ai prigionieri evasi. Nel 1945 fotograferà la liberazione di Parigi.

Finita la guerra, ritorna al cinema e dirige il film Le Retour, documentario sul ritorno in patria dei prigionieri di guerra e dei deportati. Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in guerra: si mette in contatto con il museo e dedica oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata il 1947.

Negli anni successivi è negli Stati Uniti, dove fotografa per Harper’s Bazaar.

Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert la famosa Agenzia Magnum. Inizierà innumerevoli viaggi in cui farà molteplici reportage che gli daranno fama mondiale.

 

La fotografia porta Henri in molti angoli del pianeta: Cina, Messico, Canada, Stati Uniti, Cuba, India, Giappone, Unione Sovietica e molti altri paesi. Cartier-Bresson divenne il primo fotografo occidentale che fotografava liberamente nell’Unione Sovietica del dopo-guerra {senza fonte}. Tra il 1951 e il 1973 compie numerosi viaggi in Italia.

Nel 1962 su incarico della rivista Vogue si reca in Sardegna dove si trattiene per una ventina di giorni.

Qui visita i luoghi della tradizione: Nuoro, Oliena, Orgosolo, Mamoiada, Desulo, Orosei, Cala Gonone, Orani (dove viene ospitato dall’amico Costantino Nivola), San Leonardo di Siete Fuentes, e Cagliari.[7]

Nel 1968, Henri Cartier-Bresson inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica per dedicarsi al suo primo amore artistico: la pittura, dichiarando: «In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà». Con l’unica eccezione dei ritratti. Continuerà infatti a dedicarsi ai ritratti fotografici almeno fin al 1980, anno in cui fotografa Hortense Cartier-Bresson[8].

Nel 1979 viene organizzata a New York una mostra tributo al genio del fotogiornalismo e del reportage.

Nel 2000, assieme alla moglie Martine Franck ed alla figlia Mélanie crea la Fondazione Henri Cartier-Bresson, che ha come scopo principale la raccolta delle sue opere e la creazione di uno spazio espositivo aperto ad altri artisti; nel 2002 la Fondazione viene riconosciuta dallo stato francese come ente di pubblica utilità.

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