Franco Vaccari

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Figlio di un fotografo professionista, sin dagli anni in cui frequenta il liceo, coltiva interessi intorno all’arte, in particolare la poesia, la fotografia e il cinema. Frequenta l’Università a Milano, dove completa gli studi scientifici laureandosi in Fisica al Politecnico. Studi e interessi della giovinezza indirizzano e formalizzano quelle ricerche sperimentali che confluiranno da una parte nella produzione artistica d’esordio come poeta visivo (Pop esie, 1965; Entropico, 1966; Le tracce, 1966; Atest, 1968; La scultura buia, 1968; Strip-street, 1969; Per un trattamento completo, 1971), dall’altra parte in una sempre più serrata riflessione teorica sui mezzi di comunicazione e il processo artistico (Duchamp e l’occultamento del lavoro, 1978; Fotografia e inconscio tecnologico, 1979).

La sua prima personale è ospitata alla Galleria dell’Elefante di Venezia già nel 1966, ma è con L’ambiente buio (Centro di Documentazione Visiva, Piacenza, 1968) e poi con Ambiente Geiger (Galleria Techné, Firenze, 1969) e Concerto cosmico (Modena, 1969) che inaugura un’autonoma e personale espressione artistica intesa, piuttosto che come opera finita, nel senso di una più ampia azione concettuale a partire dall’ambiente in cui si svolge sino alle possibili interazioni con i fruitori, azione che viene documentata attraverso lo strumento fotografico e che, nella pubblicazione del catalogo (alias “libro d’artista”), perviene alla propria restituzione logica e alle proprie evidenze di significato. In tal senso, il libro La scultura buia (Piacenza, 1968) può considerarsene a tutti gli effetti il primo esempio.

A queste azioni-evento Franco Vaccari assegna la denominazione di esposizioni in tempo reale: «La differenza fra gli happening, le performance e le esposizioni in tempo reale è una differenza di struttura. Mentre infatti le prime si sviluppano linearmente e nelle varie fasi ubbidiscono a precisi programmi predeterminati, le esposizioni in tempo reale hanno come elemento caratterizzante la possibilità di retro-azione e cioè del feed-back» (Franco Vaccari, 1978). Dunque, l’ambiente non è lo “spazio dell’esposizione” e nemmeno “dell’azione” strictu sensu, al contrario è “spazio della relazione”; l’opera non è un “dato progettato dall’artista”, al contrario è un “processo innescato dall’artista”.

È con l’Esposizione in tempo reale n. 4. Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio, sala personale al Padiglione Italia della 36ª Biennale di Venezia del 1972, che ottiene il primo riconoscimento internazionale, aprendosi al grande pubblico: «[…] ho esposto una cabina Photomatic (una di quelle cabine per fototessere che si trovano nelle grandi città) ed una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000» (Franco Vaccari, 2007).

Alla Biennale di Venezia Franco Vaccari espone con sala personale ancora nel 1980 (Esposizione in tempo reale n. 19. Codemondo) e nel 1993 (Esposizione in tempo reale n. 21. Bar code – Code bar), e nell’ambito della collettiva L’Io e il suo doppio curata da Italo Zannier nel 1995.

Dopo il grande successo al Biennale di Venezia del 72 nel 1976, il fotografo presentò  arte“italiana 1960-1982. Nel 1984 il Museum Moderner Kunst di Vienna gli dedica una mostra antologica. Nel 1999 partecipa alla mostra Minimalia al PS1 di New York, successivamente parteciperà alle mostre personali al Musèe d’Art Moderne et Contemporaine di Strasburgo nel 2007 e al museo Cantonale d’ Arte di Lugano nel 2008.

Nel 2010, alla biennale di Gwanju in Corea del Sud intitolata Diecimila vite presenta anche lì una cabina di photomatic per i visitatori, incoraggiandoli come alla Biennale del 72 di scattarsi 4 foto e appenderle al muro

La sua ultima importante mostra è stata nel 2011 (Meta-critic Art) alla Fondazione Morconi

(Lorenzo Niccolai)(Rielaborazione da fonte: Wikipedia)

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(Dalla raccolta “Lascia su questi pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”,36ª Biennale di Venezia nel 1972 )

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(Dalla raccolta “Lascia su questi pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”,36ª Biennale di Venezia nel 1972 )

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(Dalla raccolta “Lascia su questi pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”,36ª Biennale di Venezia nel 1972 )

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(Dalla raccolta “Lascia su questi pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”,36ª Biennale di Venezia nel 1972 )

Franco Vaccari, I cani lenti, 1971

(Fotogramma estratto dal video “Cani lenti”, nel 1971)

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(Fotogramma estratto dal video “Cani lenti”, nel 1971)

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(“Viaggio + Rito” nel 1971 )

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(“Radici”, 1965)
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(“Isola di Wight” nel 1970 )
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(“Isola di Wight” nel 1970 )
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(“Isola di Wight” nel 1970 )
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(“700 km di esposizione Modena Graz” nel 1972 )

 

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(Dalla raccolta “Lascia su questi pareti una traccia fotografica del tuo passaggio”,36ª Biennale di Venezia nel 1972 )

 

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